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Bone Cracking

L’ernia vertebrale

Per comprendere meglio a cosa ci riferiamo quando parliamo di ernia vertebrale facciamo un breve cenno di anatomia.

La colonna vertebrale è composta da vertebre e dischi intervertebrali che agiscono come ammortizzatori tra le vertebre. I dischi sono composti da due parti: il nucleo polposo al centro, contenente principalmente acqua, l’anello fibroso esterno e resistente, formato da fibre concentriche. L’ernia vertebrale è una patologia del disco intervertebrale; si definisce ernia quando, in seguito a lacerazione di una o più fibre dell’anello, il disco occupa parte del canale vertebrale (sede del midollo spinale, componente del nostro sistema nervoso centrale).

Le ernie statisticamente e più frequentemente si localizzano nel tratto lombare terminale (L4-L5, L5-S1), con sintomi di lombo-cruralgia o lombosciatalgia e nel tratto cervicale centrale (C4-C5, C5-C6) con sintomi di cervicobrachialgia.

Esistono diversi tipi di ernie classificate a seconda del grado di fuoriuscita:

  • Bulging: si verifica quando il disco intervertebrale, per compressione/schiacciamento, si sposta leggermente fuori dalla sua posizione e si gonfia verso l’esterno, ma senza rompere l’anello fibroso. Questo rigonfiamento può esercitare pressione sulle strutture circostanti, come i nervi spinali. Non tutte le ernie bulging causano sintomi;
  • Ernia protrusa: si verifica quando il nucleo polposo spinge contro l’anello fibroso e lo fa sporgere all’esterno, provocando la rottura di alcune fibre dell’anello. In questo caso vi è maggior possibilità di contatto con il midollo spinale o con i nervi spinali, provocando più sintomi;
  • Ernia espulsa: condizione più grave rispetto all’ernia bulging e all’ernia protrusa, si verifica quando il nucleo polposo del disco intervertebrale fuoriesce completamente attraverso una rottura dell’anello fibroso. Questa fuoriuscita di materiale discale può entrare nello spazio del canale spinale e comprimere i nervi spinali.

Maggiore è il grado di fuoriuscita del nucleo polposo maggiore sarà il rischio di contatto con il midollo spinale o con il nervo, comportando la comparsa di sintomi quali perdita di sensibilità, forza e riflessi. Nei casi di bulging molto difficilmente vi sarà un coinvolgimento nervoso.

L’ernia vertebrale, come altre patologie, si distingue anche a seconda della fase infiammatoria, acuta o cronica. In fase acuta, che sia a seguito di un trauma o per degenerazione del disco, l’ernia si manifesta con sintomi (variabili a seconda della localizzazione) quali: dolore, scarsa mobilità dell’area interessata, disturbi di sensibilità e dei riflessi e disturbi viscerali. La fase acuta dura in media 6 settimane.

In fase cronica invece i sintomi percepiti non dipendono più dalla compressione nervosa da parte del disco (che, essendo costituito principalmente d’acqua, si è ormai disidratato) ma dalle strutture muscolari, fasciali e legamentose che si sono irrigidite per difendere un’area disfunzionale ma provocando dolore. La fase cronica può durare da alcune settimane, a mesi a periodi più prolungati, se non trattata adeguatamente.


Quindi a cosa serve il trattamento osteopatico per l’ernia vertebrale?

Il trattamento osteopatico mira a ridare elasticità e mobilità a quelle strutture (muscoli, legamenti e fasce) che hanno limitato il proprio movimento per proteggere l’area in disfunzione (in questo caso il tratto vertebrale che presenta l’ernia). Infatti spesso, se i sintomi permangono anche quando la fase acuta è terminata, la causa non è più l’ernia ma lo stato dei tessuti e delle strutture circostanti. Allentando le tensioni si vuole dare un input al sistema nervoso per far si che quella zona torni a funzionare come prima.

Sfatiamo un mito: non esiste alcun tipo di trattamento che possa far rientrare le ernie! In realtà in circa il 90% dei casi ‘rientrano’ spontaneamente, considerato che il nucleo polposo è composto principalmente d’acqua e quindi l’ernia tende a riassorbirsi da sola nel tempo.

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